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martedì, Luglio 23, 2024

Confermata la condanna per Amanda Knox: tre anni per aver calunniato Lumumba

“Non ho mai voluto calunniare Patrick (Lumumba, ndr). Lui era mio amico, si è preso cura di me e mi consolò per la perdita della mia amica (Meredith Kercher, ndr). Mi dispiace di non avercela fatta a resistere alle pressioni e che lui abbia sofferto”. Esordisce così Amanda Knox in una dichiarazione spontanea prima che la Corte d’assise d’appello di Firenze si ritirasse in camera di consiglio per decidere se sia responsabile di calunnia nei confronti del suo ex datore di lavoro, finito in carcere da innocente nell’ambito della vicenda giudiziaria per l’omicidio di Meredith Kercher. “Chiedo umilmente di dichiararmi innocente”, ha concluso la 36enne americana tornata in Italia per la sentenza attesa in giornata. Di se stessa nelle ore passate in questura nei giorni dopo il delitto ha parlato come di una ventenne “spaventata e ingannata”. “Non potevo essere il testimone che volevano contro Patrick. Non sapevo chi fosse l’assassino (di Meredith Kercher – ndr)”: Amanda Knox lo ha ribadito nelle sue dichiarazioni spontanee davanti alla Corte d’assise d’appello di Firenze.
L’americana, parlando in italiano e con un foglio in mano, ha ripercorso le ore passate in questura a Perugia quando venne arrestata per l’omicidio di Meredith Kercher al quale si è sempre proclamata estranea e per il quale è stata definitivamente assolta. “Ero esausta, confusa, costretta a sottomettermi”, ha aggiunto. “Mi sono appartata per ricostruire la mia sanità mentale”, ha continuato, riferendosi al memoriale scritto in inglese e consegnato a una ispettrice prima di essere portata in carcere. Ha spiegato di avere detto agli investigatori di non poter ripetere davanti a una Corte quanto detto la notte (interrogatori già dichiarati inutilizzabili). “Ma loro erano troppo occupati ad arrestare un uomo innocente e a dire davanti alle telecamere che il caso era chiuso”, ha sottolineato.
“Ho chiesto un foglio di carta – ha proseguito – e ho scritto quel documento. L’obiettivo era ritrattare. Non stavo mentendo, ma volevo capire se le immagini confuse che avevo in testa fossero vere”. Knox ha definito la notte precedente all’arresto “la peggiore della mia vita”.
“Pochi giorni prima – ha ricordato – avevamo scoperto in casa la mia amica vittima di un orrendo delitto. Ero sotto shock, esausta, senza casa e lontano dalla mia famiglia. Non ero mai stata così vulnerabile”. Nella dichiarazione spontanea si è soffermata sulle ore in questura. “Mi hanno dato della bugiarda – ha affermato – e si sono rifiutati di credermi. Mi hanno detto che c’erano prove che mi collegavano al delitto. Ho cercato di ricordare quello che non riuscivo a ricordare”. Amanda Knox è arrivata presto a palazzo di giustizia di Firenze con il marito Christopher Robinson. Nessuna dichiarazione ai giornalisti ma uno dei suoi difensori, Luca Luparia Donati, ha annunciato che farà dichiarazioni spontanee in aula. Ha atteso l’inizio dell’udienza sui banchi della difesa parlottando con il coniuge e i suoi difensori, gli avvocati Carlo Dalla Vedova e Luca Luparia Donati.
Capelli a caschetto, magliettina rosa e gonna azzurra, ma, soprattutto, un volto disteso: Amanda Knox è apparsa diversa da quella che era vista l’ultima volta in un’aula di giustizia italiana. A Perugia, la sera in cui venne assolta dall’accusa di avere ucciso Meredith Kercher e scarcerata dopo quasi quattro anni, scoppiò in lacrime, trasfigurata e poi sorridente nemmeno 24 ore dopo appena raggiunto l’aeroporto di Roma per tornare negli Usa, a Seattle, con la famiglia. A Firenze si è rivista la folla di giornalisti e teleoperatori che aveva caratterizzato i processi perugini. Soprattutto cronisti e troupe inglesi e americane. Da qui piccolo incidente per Amanda Knox al suo arrivo al palazzo di giustizia di Firenze. Nella ressa di teleoperatori e fotografi che l’hanno attesa ha infatti urtato con la testa una telecamera. Per lei un piccolo bernoccolo che non le ha impedito di assistere all’udienza. “Nulla di grave” ha assicurato uno dei suoi difensori, Luca Luparia Donati.

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