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sabato, Settembre 14, 2024

Processo Open Arms, Salvini: “Rifarei tutto, difendere i confini dai clandestini non è reato”

A Palermo la pubblica accusa farà le sue richieste al processo che mi vede imputato per sequestro di persona”. Così il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini sui social nel giorno del processo di primo grado sulla vicenda Open Arms. “Rischio fino a quindici anni di carcere per aver mantenuto la parola data agli elettori. Rifarei tutto: la difesa dei confini dai clandestini non è reato. Avanti tutta, senza paura”, aggiunge. Salvini nel 2019, quando era ministro dell’Interno, impedì lo sbarco a Lampedusa alla nave con a bordo 147 migranti soccorsi in mare.  “I diritti dell’uomo vengono prima della difesa dei confini”. Così il Procuratore aggiunto di Palermo Marzia Sabella nel corso della requisitoria del processo a carico del ministro Matteo Salvini, non presente oggi in Aula, accusato di sequestro di persona e di rifiuti di atto d’ufficio, per avere impedito nel 2019 l’attracco in Italia alla imbarcazione della ong spagnola Open Arms. Il magistrato, in aula con i sostituti Calogero Ferrara e Giorgia Righi, ha poi parlato di un “iter criminoso” “non concedere il porto sicuro ai migranti”. “Non si può invocare la difesa dei confini senza tenere conto della tutela della vita umana in mare”, ha detto Sabella sottolineando: “In questo procedimento si è prospettato che un natante di legno, in alto mare, navigasse in sicurezza, come se il capriccio di un’onda non avesse potuta farla ribaltare”. “Il Governo Conte 1, come è emerso in questo processo, con il suo contratto di governo prevedeva di sensibilizzare l’Europa per ottenere una equa distribuzione dei migranti. L’allora ministro dell’interno (Matteo Salvini ndr) ha ritenuto di potere squilibrare l’unità di misura dei beni giuridici in questione, in favore dei porti chiusi, quale strumento di pressione degli stati membri”, ha detto il procuratore aggiunto di Palermo all’inizio della sua requisitoria. “La persona in mare è da salvare, ed è irrilevante la sua classificazione. Che sia un migrante, un componente di un equipaggio, un passeggero. Per il diritto internazionale della convenzione Sar anche un trafficante di essere umani o un terrorista va salvato. Poi, la giustizia farà il suo corso”. Sono le parole del pm Calogero Ferrara. Il magistrato nel corso del suo intervento ha parlato del funzionamento del diritto nazionale e sovranazionale sui salvataggi in mare. “L’oggetto della prima parte della discussione sarà la ricostruzione del quadro giuridico internazionale e interno perché nella materia del soccorso in mare a tutela delle persone questa disamina è fondamentale per fugare alcuni equivoci di fondo. Il quadro è quello dei Sar, Search and rescue, ogni altro inquadramento giuridico che si è tentato, a partire dal favoreggiamento dell’immigraziona clandestina, non ha nulla a che vedere con il processo. E questo lo ha scritto anche il Tribunale dei ministri, qui siamo in presenza di tre eventi sar, e di un quarto”, ha affermato ancora Ferrara. “E’ solo la terraferma a essere un pos, cioè il place of safety, in altre parole il posto più sicuro. E questo lo ha ribadito anche la Corte di cassazione”, ha proseguito il pm aggiungendo: “Normalmente il Pos è il porto più vicino, però questo è stato modificato nel corso degli anni. Allora dobbiamo rispondere a due domande: la nave di salvataggio può essere considerata un luogo sicuro? Come è stato rappresentato in questo processo. La risoluzione Msc dice che la nave non viene considerata un luogo in sicurezza, anche se è luogo temporaneo di sicurezza, e dovrebbe essere sollevata. Pertanto la nave può esser considerato solo un Pos temporaneo”. E ha aggiunto: “Che la nave non sia un luogo sicuro è un principio consolidato. Anche le navi ad hoc per effettuare il salvataggio devono avere dei requisiti ben precisi. Quindi, solo la terraferma può essere un Pos e questo lo ha ribadito anche la Cassazione”.

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