Ci sono voluti poco più di due anni e mezzo per arrivare alla sentenza di primo grado di un processo, quello celebrato con rito ordinario, che ha messo un primo punto sulla presenza della ‘ndrangheta sul litorale laziale e, in particolare, nei centri di Anzio e Nettuno. La lettura del dispositivo della sentenza da parte del presidente del Tribunale di Velletri ha sancito un primo verdetto a favore dell’accusa, rappresentata dal pm della Dda di Roma, Giovanni Musarò. Le condanne più pesanti sono state inflitte non a caso ai due Giacomo Madaffari e Davide Perronace considerati i “capi” del locale di ‘ndrangheta che avrebbe conquistato il litorale laziale nel corso degli ultimi anni, intrecciando i propri affari anche con la politica. Al primo, classe 1956 di Santa Cristina d’Aspromonte, i giudici hanno inflitto 28 anni. Al secondo, classe ’74 di Nettuno, vent’anni di carcere. Entrambi sono stati condannati anche per il “capo 1” dell’accusa ovvero legato al 416bis. Per l’accusa Giacomo Madafferi – proprio insieme a Perronace – avrebbe avuto il ruolo di capo locale della costola della ‘ndrangheta calabrese attiva tra Anzio e Nettuno, storicamente presente sul territorio fin dagli anni ‘70. Condannati anche i rispettivi figli: Bruno Madaffari, a 6 anni di reclusione mentre 12 anni e 8 mesi sono stati inflitti a Gabriele Perronace. Altra condanna pesante, 12 anni, per Claudio Lucifero, considerato un altro soggetto appartenente ad una famiglia di ‘ndrangheta originaria di Guardavalle e “braccio destro” di Davide Perronace, commettendo estorsioni, intestazioni fittizie e sostenendo anche le spese legali e, più in generale, mettendosi a completa disposizione degli interessi del sodalizio. Tra le condanne anche quella a 3 anni per l’ex Brigadiere dei Carabinieri in servizio presso il Nucleo Operativo della Compagnia di Anzio, Elia Rillo. Per l’accusa ha fornito un costante contributo per l’operatività dell’associazione, mettendo a disposizione informazioni coperte dal segreto ed utilizzate per eludere le investigazioni.