sabato, Dicembre 14, 2024

Trudy, la bambina che tutti credevano morta ad Auschwitz, sorride ancora

Il rastrellamento per le strade di Roma, quando era solo una bambina, nei giorni di Natale del 1943 e un destino che sembrava segnato. Come quello del padre, Isidor Stricks, ebreo polacco che quel giorno la portava in braccio: imprigionato a Regina Coeli, fu deportato nel campo di Fossoli e ucciso a Mauthausen ad aprile del 1944. E’ la storia della piccola Gertrude, Trudy, che fino ad oggi in tanti in Italia credevano non fosse sopravvissuta all’Olocausto. A scoprire che così non fu è stata Maria Grazia Lancellotti, preside dell’Orazio, il Liceo del Nomentano i cui studenti si distinsero nella Resistenza dopo la caduta di Roma. Che cosa è successo in quei giorni di 80 anni fa? Nel carcere sul Lungotevere, prima di essere caricato sul camion per Fossoli, il padre di Trudy incontra gli occhi di una donna. Non parla una parola d’italiano e senza dire nulla le affida la figlia. Quella donna era Marcella Ficca, la giovane moglie di Alfredo Monaco, antifascista, socialista, medico del carcere che pochi giorni dopo avrebbe portato a termine la clamorosa evasione di cinque prigionieri politici, tra cui Sandro Pertini e Giuseppe Saragat. Marcella porta subito la piccola a casa. Roma è ancora occupata dai tedeschi. Solo dopo la Liberazione della Capitale, ricongiunta con la madre Trudy si imbarca su una nave militare per gli Stati Uniti. Ma nessuno lo sa. Inizia così una nuova vita per Trudy, oggi ha 86 anni, è sposata e ha tre figli. Brian, uno dei figli è venuto a Roma per ringraziare gli eredi di Marcella e Alfredo, nel frattempo scomparsi. Vorrebbe che lo Yad Vashem, l’istituzione che a Gerusalemme preserva la memoria della Shoà, li insignisca del titolo di “Giusti fra le Nazioni”. La storia è tornata a galla durante una ricerca del progetto il Civico Giusto, dedicato a coloro che nell’Italia fascista si opposero alle persecuzioni razziali.

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