Troppe cose si sono accumulate. Troppi impegni, troppi emendamenti, troppi appuntamenti. E così il percorso della manovra in questa “prima puntata” che dovrebbe concludersi con l’approvazione della legge di bilancio alla Camera dei deputati potrebbe subire qualche scossone. Il Natale bussa alle porte e il voto di fiducia e il cronoprogramma che prevede il voto definitivo entro venerdì sera potrebbe subire un ritardo. Si potrebbe arrivare a dichiarazioni finali e al voto definitivo sabato mattina. Non oltre l’ora di pranzo perché nel pomeriggio alle 16.00 è già fissato il “concerto di Natale” che si svolgerà proprio nell’aula di Montecitorio. Un lavoro enorme, quindi, sia per i parlamentari che per i commessi!
Quali sono, dunque, le ragioni di questo “ingolfamento”?
La Commissione bilancio ha dato il via libera definitivo alla manovra venerdì in tarda serata con l’incarico ai relatori. Ma dopo l’approdo in aula di questa mattina alle 8.00 sembra necessario un ritorno in Commissione. C’è la necessità di aggiustamenti che la maggioranza liquida come “tecnici” ma che le opposizioni, invece, temono possano essere “di sostanza”. Per questo gli occhi sono puntati sul lavoro che, dopo quelle due nottate di voti a raffica in Commissione, gli uffici tecnici della Camera e del Mef stanno portando avanti per comporre il testo e che potrebbero variare le carte nelle mani dei deputati. Nella settimana di votazioni in Commissione, infatti, sono andati in scena stop and go, riunioni di maggioranza e confronti con l’opposizione, maxi-emendamenti ritirati e poi spacchettati e una decina – almeno – di riformulazioni di governo e relatori. Così il testo iniziale, in effetti, ha subito una decisa metamorfosi. E ora, nelle 36 ore canoniche dal via libera in Commissione all’aula, le norme vanno ricomposte con la verifica di votazioni e tabelle. Il timing fissato dalla maggioranza è ormai decisamente stretto e complicato. L’obiettivo è quello di arrivare all’approvazione finale della Camera entro la mezzanotte di venerdì ma, come dicevamo, non è escluso, se il lavoro degli uffici non fosse meramente tecnico, che possa slittare a sabato mattina. I tempi, fissati nella capigruppo di ieri nella quale si sono registrati nervi tesi tra maggioranza, danno il quadro di una tempistica che dovrà essere rispettata in modo austro-ungarico. La variabile indipendente è determinata proprio dai tempi necessari per gli uffici tecnici della Camera e del Mef per sistemare tutte le carte e le tabelle economiche della manovra. Solo a quel punto si potrà votare la fiducia, solo di fronte a “carte e conti certi”. Una fiducia che propone provocatoriamente la premier Giorgia Meloni in aula al Senato nel corso del dibattito sulle comunicazioni per il Consiglio Europeo, potrebbe essere evitata. “So che la fiducia è stata prevista in accordo con le opposizioni, – ha detto – ma se ci fosse un accordo sui tempi senza voto di fiducia sarebbe preferibile”. “Com’e’ umana lei…”, è la replica ironica e di fantozziana memoria di Matteo Renzi. “vive nel suo mondo”. Poi, con i giornalisti, se la prende con quella misura che è stata definita proprio “anti Renzi” per gli incarichi di Parlamentari ricevuti da Stati extra Ue. Attacca il governo anche il capogruppo di Italia viva Davide Faraone. Insomma il clima è quello che è. E ad ogni modo un passaggio in Commissione viene dato ormai per assodato sia nel centrodestra che nel centrosinistra. Ed è una procedura che, a onor del vero, ha comunque dei precedenti. Nella maggioranza si parla dell’eventuale necessità di un “allineamento delle tabelle”. Non lo interpreta allo stesso modo l’opposizione. “Non ci sorprenderebbe la necessità di un ritorno in Commissione – dice il capogruppo di Avs in commissione bilancio Marco Grimaldi – che non è solo tecnico ma anche politico. Il metodo con cui è stata scritta questa ‘finanziaria delle mele marce’ è il prodotto del caos, troppi emendamenti non solo non avevano una scheda tecnica, ma neanche coperture”.