venerdì, Gennaio 10, 2025

La salita dei Borgia tra sangue, amori e misteri

Un affascinante edificio del XIII secolo, ricoperto di edera per gran parte dell’anno, sotto il quale passa una scalinata, delimitata da un arco, che collega via Cavour alla Basilica di San Pietro in Vincoli. Via di San Francesco di Paola è conosciuto come la salita dei Borgia, un suggestivo angolo della capitale, nel rione Esquilino, dove il fascino dell’antica Roma si fonde con il mistero e con le leggende popolari. In questi palazzi, con caratteri architettonici medievali e rinascimentali, si suppone abbia vissuto la nobile famiglia di origine spagnola, arrivata a Roma per l’elezione del Cardinale Alonso Borgia (Papa Callisto III), a cui successe il nipote Rodrigo Lenzol Borgia, noto come Papa Alessandro VI, uno dei più controversi della storia della Chiesa. Eletto al soglio Pontificio nel 1492, nonostante la fama di mecenate, improntò la sua vita e il suo papato all’accumulo delle ricchezze, al nepotismo e alla dissolutezza. Tra le tante donne frequentate, celebre e duraturo fu il rapporto con Giovanna Cattanei che diede al Pontefice quattro figli illegittimi: Cesare, che ispirò il “Principe” di Machiavelli, Lucrezia, accusata di intrighi sanguinosi e avvelenamenti, Giovanni, morto in circostanze misteriose, e Goffredo. Percorrendo la scalinata dei Borgia si può ammirare un piccolo balconcino (foto in basso) che, secondo la tradizione popolare, apparteneva proprio all’affascinante amante del Papa, “Vannozza” Cattanei. A Papa Alessandro VI si deve una delle tradizioni rimaste immutate nel corso dei secoli. Fu lui, nel 1499, a proclamare il Giubileo del nuovo secolo organizzando, per la prima volta nella storia, la cerimonia di apertura delle quattro Porte Sante nelle quattro Basiliche papali. La scalinata dei Borgia sarebbe stata il palcoscenico anche di un omicidio illustre, risalente addirittura al 535 a.C., quello del sesto re di Roma: Servio Tullio, assassinato da Lucio Tarquinio, figlio di Tarquinio Prisco. È una storia triste e macabra, che coinvolge gli ultimi tre re di Roma di origine etrusca, quella che ci viene tramandata da Tito Livio nella sua opera “Ab urbe condita”. Servio Tullio fece sposare le sue due figlie (Tullia maior e Tullia minor) con i figli (Aronte e Lucio Tarquinio) del suo predecessore, Tarquinio Prisco. La figlia maggiore del re però si innamorò del cognato e, per sancire la loro unione, i due decisero di uccidere i rispettivi coniugi e sposarsi. Non ancora soddisfatta, Tullia maior istigò il marito a compiere un altro omicidio: questa volta ai danni di suo padre, il sovrano di Roma, Servio Tullio. Lucio Tarquinio, accompagnato da alcuni sicari, si sbarazzò del re colpendolo a morte sulla scalinata, da qui l’appellativo di Vicus Sceleratus (vicolo scellerato). La leggenda vuole che la terribile Tullia infierì anche sul cadavere del padre ordinando al proprio cocchiere di passarci sopra con il carro. Terminata la scalinata (75 gradini), il frastuono di via Cavour lascia spazio al silenzio di piazza San Pietro in Vincoli. Qui si può ammirare uno scorcio suggestivo della Torre dei Borgia, prima di fare una sosta obbligata all’interno della Basilica che custodisce uno dei più grandi capolavori dell’arte italiana: Il Mosè di Michelangelo, che con la sua incomparabile bellezza, da secoli, incanta turisti e visitatori ed è fonte di racconti curiosi e affascinanti. Il più noto riguarda una presunta martellata che l’artista diede sul ginocchio della statua lamentandosi per il suo silenzio: “Perché non parli?”, la celebre frase rivolta al profeta come a voler sottolineare l’elevato livello di realismo della scultura. L’opera, realizzata tra il 1513 e il 1515, ritrae un maestoso Mosè di circa 2,30 metri, seduto con le Tavole della Legge rovesciate sotto il braccio, mentre con la mano accarezza la lunga barba, “così perfetta da sembrare più opera di pennello che di scalpello”, secondo il Vasari.

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