Nell’ambito del fitto programma di eventi per le festività natalizie promosso dal Comune di Latina, gli spazi del secondo piano del museo Cambellotti di piazza San Marco accolgono le opere dell’artista bolognese Paolo Pasotto, primo allievo del pittore contemporaneo Virgilio Guidi, riconosciuto come uno degli artisti più interessanti del variegato panorama pittorico italiano di questo secolo.
La personale, dal titolo “Metanaturalismo”, rientra tra gli eventi celebrativi dell’85esimo anniversario della fondazione della città di Latina. Inaugurerà domani, lunedì 18 dicembre, alle 17.00. «Un appuntamento culturale di grande rilievo e qualità» conferma l’Assessore alla Cultura Antonella Di Muro. E aggiunge: «Sono entusiasta di aver accolto questo progetto espositivo, che risponde perfettamente ad uno degli obiettivi principali del nostro mandato: costruire progetti culturali per la città che dialoghino con le collezioni museali preesistenti, come lo straordinario patrimonio del poliedrico ed eclettico Duilio Cambellotti».
Il percorso della mostra, a cura di Alessandro Cocchieri e Lorenza Lorenzon, esplora il lavoro dell’artista dagli anni ’60 al 2006: una ricerca che da premesse figurative evolve in modo parallelo e distinto rispetto alle vicende dell’Informale e, in particolare, dell’Ultimo Naturalismo bolognese, enucleando a poco a poco – sulla base di un suggerimento critico dovuto a Francesco Arcangeli – l’idea di “Metanaturalismo”, un atteggiamento di auscultazione della materia.
Evocata attraverso morbide pieghe ed increspature, facendo galleggiare fantasmi di immagini sospese tra figurazione ed astrazione, sostrati organici e labili pulsioni disegnative la materia riattiva, secondo Pasotto, una visione che rasenta l’immedesimazione carnale, il ritorno ad una pienezza indistinta, prelogica. Affermava l’artista: «Dipingere per me è come fissare un fatto interiore, in dolce abbandono, un lento ricercare di forme, che mi alletta, che mi procura gioia. La pittura è una forma intuitiva attraverso la via del colore. Il primo movimento della coscienza è il sentire, cui succede il desiderare, quindi il volere, infine il pensare. Altrettanto accade per la pittura: senonché, dopo il volere, anziché il pensare segue il dipingere» (Paolo Pasotto, novembre 1965).
Dalle tinte brune alle terre, dal gioco di grigi e marroni, che predominano nelle opere intorno agli anni ’60, fino alle schiarite note delle cere e delle ciprie che connotano le tele più recenti: un racconto pittorico visionario nel quale centrale è la questione della luce che non crea inganni percettivi bensì rende visibile l’invisibile attraverso la pittura e i suoi pigmenti colorati. Ogni opera è un’epifania atta a rivelare ciò che non è manifesto ad occhio nudo. Nessun luogo, nessuna figura è definita, tutto pare negarsi in immagini sospese tra figurazione ed astrazione.
L’esposizione sarà aperta al pubblico fino al 18 gennaio.