mercoledì, Febbraio 5, 2025

Omicidio di Torvajanica: fu un’azione eclatante e premeditata, ma non mafia

E’ provata con certezza la responsabilità di Raul Esteban Calderon e di Giuseppe Molisso per l’omicidio di Selavdi Shehai detto “Passerotto”, avvenuto il 20 settembre 2020 a Torvajanica; è riconosciuta l’aggravante della premeditazione nelle lunghe e meticolose fasi preparatorie del delitto; ma è esclusa invece l’aggravante mafiosa di cui all’articolo 416 bis del Codice penale, in quanto “la indubbia modalità eclatante dell’agguato, avvenuto una domenica mattina di settembre in spiaggia alla presenza di diversi bagnanti, non è di per sé sufficiente al riconoscimento dell’aver agito con metodo mafioso.” Queste, in sintesi, le motivazioni dei giudici della Corte d’Assise di Frosinone che, lo scorso 4 novembre 2024, hanno condannato all’ergastolo Calderon (già a processo anche per l’omicidio di Fabrizio Piscitelli detto “Diabolik”) e Molisso, a 3 anni Guido Cianfrocca che avrebbe fornito l’arma e Luca De Rosa per ricettazione, mentre hanno assolto per non avere commesso il fatto Enrico Bennato.

“Le comunicazioni intervenute attraverso il sistema criptato Sky-Ecc – si legge nelle motivazioni – hanno consentito di ricostruire con dovizia di particolari tutte le articolate fasi preparatorie dell’omicidio, consentendo di individuare con certezza il ruolo ricoperto dai due imputati nella programmazione ed esecuzione del delitto”. Dalle chat criptate tra i due imputati emerge la “particolare intensità della volontà dolosa che ha connotato l’omicidio”. Prova della volontà omicida di Calderon e Molisso l’accurata preparazione del delitto, la scelta e la micidialità dell’arma adoperata, ma anche la “reiterazione in rapida sequenza dei due colpi e della loro direzione” così come la “minima distanza di sparo” e la parte del corpo presa di mira e colpita. Ma l’intento dei due imputati emerge con chiarezza anche dal tenore dei messaggi che si scambiarono subito dopo l’agguato, con la vittima in condizioni molto gravi in ospedale: “Ma se esce di là finisco il lavoro”, scrive Calderon. “L’obiettivo del Calderon e del Molisso – concludono i giudici – era solo ed unicamente quello di cagionare la morte dello Shehaj”. Per i giudici non c’è dubbio che l’aggravante della premeditazione vada riconosciuta: ”La programmazione dell’omicidio – scrivono – è stata meticolosa, articolata ed accurata, per un consistente ed apprezzabile lasso di tempo, e non è mai stata abbandonata dagli imputati, nonostante alcune difficoltà organizzative ed esecutive, che hanno comportato più di un differimento dell’agguato.” Diverso, come detto, la valutazione per quanto riguarda l’aggravante mafiosa. “Non vi sono, infatti, evidenze – si legge nelle motivazioni – che lo Shehaj, rimasto cosciente dopo l’agguato, o i suoi familiari abbiano espresso timori nei confronti di un determinato gruppo criminale.” “Rispetto al riconoscimento dell’aggravante in esame – concludono i giudici – l’omessa ricostruzione del movente del delitto dello Shehaj costituisce un vulnus difficilmente superabile”. Si aggiungono, a questo proposito, le considerazioni sullo spessore criminale della vittima. ”Lo Shehaj aveva due precedenti per droga ed era noto per essere a capo di una piccola organizzazione che si occupava di spacciare al dettaglio sostanza stupefacente di tipo hashish e marijuana sul litorale laziale. Dalle informazioni della polizia giudiziaria – scrivono ancora i giudici della Corte di Assise di Frosinone – non sembrava però incardinato in una consorteria criminale albanese di grosso spessore in quanto frequentava, per lo più, connazionali con piccoli precedenti. È chiaro, tuttavia, che si tratta di elementi insufficienti per dimostrare che l’omicidio sia maturato nell’ambito di un contrasto tra associazioni criminali organizzate, come ipotizzato nell’impianto accusatorio”. ‘ I giudici sottolineano anche di non avere ravvisato “quello stato di soggezione ed omertà tipico dell’agire mafioso, sebbene non possa nascondersi la sensazione di una non completa collaborazione da parte di alcune persone vicine alla vittima”.

Articoli correlati

Ultimi articoli