C’era da immaginarselo, ma forse non in questo modo. Sulle spese militari per la Nato la nuova amministrazione americana non fa sconti. Così ieri a Bruxelles il segretario alla Difesa Pete Hegseth: “Anche il 4% è troppo poco, dovrebbe essere piuttosto attorno al 5% del Pil”. Improponibile per la maggior parte degli europei, alcuni dei quali (Italia inclusa) non sono riusciti ancora ad arrivare neanche all’obiettivo precedente, il 2%. Già i Paesi europei aderenti alla Nato sapevano che l’amministrazione Trump avrebbe chiesto un peso maggiore, in termini economici, ai Paesi aderenti. Non a caso era già in discussione l’aumento delle spese per la difesa e Mark Rutte stava lavorando a convincere i Paesi europei ad arrivare al 3% del Pil in spese per la Difesa. Una mediazione sembrava vicina, a causa anche del rischio dazi nei confronti del Vecchio Continente. L’idea di aumentare il budget per la Nato veniva visto come il tentativo di ammorbidire l’amministrazione Trump sulle tasse per le esportazioni europee negli Stati Uniti. Unico problema da risolvere, sollevato da alcuni Paesi Ue, era quello degli investimenti aggiuntivi che rischiavano di mettere squilibrio nei conti e far saltare il Patto di stabilità. Per questo l’idea era di escludere le spese per investimenti nella difesa dai calcoli del deficit. Ma la riunione ministeriale Difesa della Nato di ieri nel quartier generale dell’Alleanza a Bruxelles ha sparigliato di nuovo le carte. Il neo segretario alla Difesa dell’Amministrazione Trump è partito all’attacco con un mandato chiarissimo: il “dividendo della pace deve finire”, gli Stati Uniti non possono continuare a esserei garanti della pace dei Paesi europei, che quindi devono spendere di più. Attorno al 5% del Pil, appunto. “Siamo molto incoraggiati – ha detto Hegset nella conferenza stampa finale – da ciò che hanno detto a porte chiuse molti dei nostri alleati. ‘Rendere di nuovo grande la Nato’, è ciò che il presidente Trump si era prefissato di fare già nel 2017. Hegset ha motivato la richiesta anche con la necessità per gli Stati Uniti di spendere di più nella regione dell’Indo-Pacifico. Un’area geopolitica in cui la Cina, ormai seconda potenza mondiale, non è ancora un nemico ma potrebbe diventarlo se non sarà dissuaso. Per questo, c’è bisogno di un sistema di deterrenza, dice Hegseth: “Ci sono autocrati con ambizioni in tutto il mondo, dalla Russia ai comunisti cinesi”. Per gli europei “investire nella difesa nel Continente (europeo, ndr) ha senso. Quell’effetto deterrente nel Pacifico può essere guidato solo dagli Stati Uniti”. Ma l’Europa ci resta male perché le richieste del capo del Pentagono lasciano in un angolo la questione delle questioni: “Vogliono farci spendere di più per la Nato per una sorta di deterrenza nei confronti della Russia, ma poi Trump chiama Putin per attivare le trattative sull’Ucraina e ci lascia fuori dal tavolo”. Quella telefonata ha creato talmente tanti malumori europei da essere giunta sul tavolo dello zar: “Se vi sentite esclusi dal negoziato, parlatene con Trump”, dice il Cremlino. Una affermazione che dimostra, ancora una volta, la scarsa considerazione nei confronti di un’Europa divisa e priva di autorevolezza. Trump e Putin non hanno discusso di una partecipazione degli europei: “Le questioni europee non sono state in alcun modo affrontate nella conversazione di ieri” e “gli europei dovranno probabilmente parlare con Washington per chiedere un posto” al tavolo delle trattative, ha detto Peskov alla televisione di Stato russa.
Gli Stati Uniti all’Europa: “Per la Nato pagate di più, il 5% del Pil”
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