Nel mosaico complesso della provincia di Roma, Fiumicino rappresenta un caso emblematico: crocevia di mobilità internazionale, snodo economico strategico, ma anche teatro di dinamiche sociali che meritano attenzione. Secondo gli ultimi dati Istat relativi ai delitti denunciati nel 2023, il territorio provinciale di Roma registra un’incidenza di reati superiore alla media nazionale, con numeri che impongono riflessioni concrete su sicurezza, convivenza e integrazione. E Fiumicino, con la sua composizione multietnica e la forte presenza di lavoratori stranieri, diventa un osservatorio privilegiato di queste trasformazioni. Proprio nel territorio di Fiumicino, infatti, si intersecano fattori peculiari. L’ultimo dato disponibile sull’incidenza degli stranieri residenti (sebbene riferito al lontano 2011, ultimo dato ufficiale del Ministero dell’Interno), è già di per sé indicativo: l’8,7% della popolazione era composta da cittadini stranieri, rispetto al 7,7% della media regionale e al 6,8% di quella nazionale. A questo si aggiunge una presenza crescente di minori stranieri (20,2%), che testimonia non solo l’insediamento stabile, ma anche la volontà di costruire qui il proprio futuro. La presenza straniera non è un’anomalia, ma una colonna portante della vita economica e sociale locale. Dai campi agricoli della zona di Maccarese ai banconi dei bar nei centri commerciali, dai negozi bazar nel centro urbano all’impiego nelle attività di ristorazione etnica o italiana, dai punti vendita di abbigliamento fino agli stagionali che lavorano negli stabilimenti balneari, l’impegno dei lavoratori stranieri è visibile e quotidiano. A Fiumicino, oggi, non si potrebbe pensare alla stagione estiva o all’ordinario funzionamento cittadino senza considerare il contributo positivo delle comunità straniere. Secondo dati ufficiosi in nostro possesso, risalenti al 2024, il mosaico è composito. Albanesi, bengalesi, marocchini, romeni, moldavi: ogni comunità ha una storia di arrivo e di radicamento, con esperienze diverse ma spesso accomunate da percorsi di integrazione virtuosa. Molti di loro hanno avviato attività in proprio, altri partecipano attivamente alla vita scolastica dei figli, altri ancora sono parte di associazioni culturali o religiose. Un tessuto silenzioso, spesso invisibile, che però tiene insieme la società locale. Eppure, questo quadro di integrazione non cancella la necessità di restare vigili. I numeri sui reati non devono generare allarmismi indiscriminati né alimentare retoriche di contrapposizione, ma invocano politiche pubbliche efficaci: contrasto alla criminalità organizzata, ma anche investimenti nell’integrazione culturale e abitativa, nella formazione e nella mediazione linguistica. Serve uno sforzo congiunto tra istituzioni, scuola, associazioni e cittadini, per evitare che sacche di marginalità si trasformino in focolai di disagio. Va inoltre ricordato che non c’è correlazione diretta tra numero di stranieri e numero di reati. Anzi, numerosi studi mostrano come la maggioranza dei reati venga commessa da cittadini italiani, e che i migranti regolari tendano a essere meno coinvolti in fenomeni delinquenziali, perché più attenti a preservare il proprio permesso di soggiorno e la stabilità acquisita. Ma questo non esclude la presenza di fenomeni da monitorare: sfruttamento lavorativo, lavoro nero, sovraffollamento abitativo, dispersione scolastica tra i minori stranieri, bande di ladri. Fiumicino si trova dunque a un bivio. Da un lato, può diventare un modello di integrazione avanzata, capace di valorizzare la diversità come ricchezza. Dall’altro, rischia di ripetere errori già visti in periferie abbandonate o in quartieri lasciati al degrado. Per questo, mantenere alta l’attenzione è un dovere: delle forze dell’ordine, ma anche della politica e della società civile. Con progetti attivi, iniziative ad hoc, monitoraggio costante.