Mezzo secolo di carriera per il più grande jazzista italiano
Enrico ha il dono della semplicità.
Questa cela un’umanità che tesse
gli incontri e si traduce in musica”
(Paolo Fresu)
di Alessandro Ceccarelli
E’ senza ombra di dubbio il jazzista italiano più famoso nel mondo. Il suo suono, il suo fraseggio e il suo stile sono unici, ineguagliabili e immediatamente riconoscibili. E’ il degno erede e discepolo dei grandi interpreti dello strumento a fiato per eccellenza come Miles Davis, Chet Baker, Clifford Brown e Freddie Hubbard. Il suo fraseggio, apparentemente semplice e melodicamente espressivo, è caratterizzato da repentine ascese al registro acuto. Il suo lirismo e le sue infinite capacità improvvisative fanno di lui un gigante della musica afroamericana.
Un evento che ha cambiato la sua vita per sempre è stato quando vide a 18 anni Miles Davis in concerto. Per il giovane aspirante jazzista fu una vera e propria folgorazione. Di quell’evento Rava disse in seguito: “Visto dal vivo era cento volte meglio che ascoltarlo sui dischi. Alla fine di quel concerto decisi che avrei suonato la tromba. Capii che era quello che volevo fare nella vita”.
Miles Davis è stato un modello di vita, un’ispirazione continua per comprendere a fondo l’essenza e il significato del jazz; carpire e assimilare il “mistero” di come improvvisare su una serie di accordi e quali note suonare e quali evitare. Enrico Rava è nato a Trieste il 20 agosto 1939 per caso, come ha raccontato egli stesso; di famiglia piemontese da generazioni, è cresciuto a Torino dove ha cominciato a suonare da autodidatta il trombone in bande dixieland.
Il primo trombettista che ha ascoltato fu Bix Beiderbecke, che influenzò molto il giovane musicista. Trasferitosi a Roma nei primi anni sessanta, ha avuto modo di collaborare con importanti musicisti, in particolare con Gato Barbieri (che fu fondamentale all’inizio della carriera di Rava) e con Steve Lacy. Con il primo ha registrato nel 1962 la colonna sonora del film di Giuliano Montaldo “Una bella grinta”.
Quando Gato Barbieri sentì suonare Rava per la prima volta gli disse: “Guarda che tu hai talento, un bellissimo suono. Non mollare”. Quelle parole furono decisive per il giovane trombettista ancora artisticamente insicuro. Con Steve Lacy ha suonato in un quartetto e si è trasferito in Argentina per qualche tempo, dove ha registrato nel 1966 “The Forest and the Zoo”, considerato uno dei dieci dischi essenziali del free jazz. Da lì, nel 1967 si è trasferito a New York, dove ha vissuto e lavorato per una decina d’anni collaborando fra gli altri con la Jazz Composer Orchestra e partecipando all’incisione dell’epocale disco “Escalator Over the Hill” della pianista Carla Bley. Ha collaborato con importanti musicisti come Lee Konitz, Pat Metheny, Michel Petrucciani, John Abercrombie, Joe Henderson, Paul Motian, Richard Galliano, Miroslav Vitous, Joe Lovano e Roswell Rudd.
Nel 1972 incide il suo primo album da leader di un quartetto, “Il giro del giorno in 80 mondi”. Con questa nuova formazione suona in vari club newyorkesi, in giro per l’Argentina e l’Europa riscuotendo molti consensi. In seguito ha registrato numerosissimi album con musicisti italiani, americani ed europei, fra i quali il sassofonista Massimo Urbani (morto prematuramente a 36 anni), il pianista Stefano Bollani e il chitarrista John Abercrombie. Nel 1975, partecipa, non accreditato per l’usanza dell’epoca, al disco di Giuni Russo: “Love is A Woman”.
Attualmente è leader di un quintetto in cui figurano Gianluca Petrella al trombone, Roberto Gatto alla batteria, Rosario Bonaccorso al basso e Andrea Pozza (che ha sostituito Stefano Bollani) al pianoforte, con cui ha registrato vari dischi per la Ecm. Nel 2007 ha ricevuto una Nomination come Best Jazz Act per il prestigioso Italian Jazz Awards l’Oscar Italiano del Jazz votato dal pubblico e nel 2008 ha ottenuto una Nomination come Best Jazz Album con “The Third Man”, in duetto con Stefano Bollani, per la seconda Edizione degli Italian Jazz Awards. Nel 2009 l’Auditorium Parco della Musica di Roma lo ha incaricato della direzione del Jazz Lab con il quale ha realizzato alcuni progetti, quali Rava suona Gershwin e Rava on the dance floor, basato su musiche di Michael Jackson riarrangiate con Mauro Ottolini.