Su 78 spiagge monitorate, per un totale di oltre 400mila metri quadri (pari a quasi 60 campi di calcio), sono stati trovati una media di 620 rifiuti ogni 100 metri. Quattro per ogni passo che facciamo sulla sabbia. Nell’80% dei casi, si tratta di rifiuti di plastica, seguono vetro o ceramica (7,4%), metallo (3,7%), carta e cartone (3,4%). Per lo più, i rifiuti sulle nostre spiagge sono frammenti di plastica, anelli e tappi di plastica e infine i cotton fioc, che salgono quest’anno al terzo posto della top ten. I rifiuti plastici usa e getta, come bottiglie, stoviglie e buste, sono stati rinvenuti nel 95% delle spiagge monitorate. È quanto emerge dall’indagine Beach Litter 2018 condotta da Legambiente che fotografa anche stavolta una situazione critica per molti arenili italiani. I motivi? La cattiva gestione dei rifiuti urbani resta la causa principale della presenza dei rifiuti sulle spiagge italiane (il 42% degli oggetti è riconducibile ad essa).
Poi, c’è la carenza dei sistemi depurativi, unita con la pessima abitudine di usare il wc e gli scarichi domestici come una pattumiera in cui gettare bastoncini cotonati, blister di medicinali, contenitori delle lenti a contatto, aghi da insulina, assorbenti o applicatori e altri oggetti di questo tipo che poi ci ritroviamo sulle spiagge (il 10% dei rifiuti). Infine, pesca e acquacoltura, responsabili del 6% degli oggetti registrati, in particolare reti e lenze. "Chiediamo all’Europa di essere ancora più ambiziosa nella sua strategia anti plastica, definendo nuove misure legislative per contrastare l’usa e getta", dice il presidente di Legambiente Stefano Ciafani che sottolinea: "è anche urgente avviare la rimozione dei rifiuti dai fondali marini, con la messa a sistema del sistema del ’fishing for litter’ e con la raccolta e il riciclo di quelli plastici presenti sulle spiagge". Il marine litter, oltre al devastante impatto sull’ambiente, ha anche drammatiche conseguenze sugli esseri viventi: l’ingestione dei rifiuti di plastica è stata documentata in oltre 180 specie marine. Senza contare che, secondo uno studio commissionato ad Arcadis dall’Unione europea, costa all’Europa 478 milioni di euro all’anno solo per i settori di turismo e pesca, mentre per pulire tutte le spiagge europee il costo stimato è di 412 milioni di euro.
Ma a preoccupare è anche ciò che non si vede, ovvero le microplastiche: i rifiuti infatti non spariscono, ma si degradano e si frammentano in pezzi sempre più piccoli che hanno una via facilitata per entrare nella catena alimentare e contaminarla. Le spiagge oggetto dell’indagine di Legambiente sono state 22 in Campania, 15 in Sicilia, 7 in Calabria, 7 nelle Marche, 6 in Puglia, 4 nel Lazio, 4 in Basilicata, 3 in Sardegna, 3 in Toscana, 2 in Veneto, 2 in Molise, una in Emilia-Romagna, Abruzzo e Friuli-Venezia Giulia.