“Il summit sulla Libia è andato molto bene. Meglio di quanto sinceramente mi aspettassi” e “adesso tocca a noi libici accordarci. Senza il nostro lavoro assieme e al rispetto dei nostri impegni, gli incontri di Palermo diventeranno inutili”, così il premier del governo di unità nazionale di Tripoli Fayez al Sarraj sul Corriere della Sera. E aggiunge che con Khalifa Haftar il punto di scontro è che “lui vuole comandare l’esercito unificato libico. Ma secondo gli accordi di Skhirat del 2015, quando venne avviato il processo di pacificazione interno, il premier politico a Tripoli è anche responsabile supremo delle forze militari. Eppure, anche su questo punto possiamo trovare un compromesso. Sulla concorrenza tra Roma e Parigi sulla Libia dice: “Non le vedo in concorrenza. Anzi, Parigi e Palermo fanno parte del medesimo processo negoziale con l’aiuto della comunità internazionale. Il primo ha preparato il secondo. La prossima tappa sarà alla Conferenza nazionale in Libia organizzata dall’inviato dell’Onu Ghassan Salamé, spero già in gennaio per poi andare alle elezioni entro giugno 2019”. Ma prima serve una Costituzione “che comprende la legge elettorale, senza la quale è impossibile andare alle elezioni nazionali. Una commissione vi lavora da due anni. Il documento è pronto. Occorre sia votato dal parlamento di Tobruk e da un referendum nazionale”. E sull’uomo forte della Cirenaica Sarraj commenta: “Ho molto ammirato il grande sforzo italiano per il successo del nostro incontro e nel mettere assieme noi libici allo stesso tavolo. Haftar doveva esserci, a tutti i costi. Anche la partecipazione internazionale è stata notevole. Un vero successo”. E sui flussi migratori il premier usa una nota molto critica contro l’Europa: “Vedo tanta ipocrisia nelle richieste europee al nostro Paese. Ci domandate di tenere dentro i nostri confini oltre 600.000 migranti, di cui solo 30.000 sono nei campi ufficiali del nostro governo. Però voi, che siete infinitamente più ricchi di noi, rifiutate di accoglierne anche solo uno. Cacciate i pochi che arrivano. Io vorrei maggior cooperazione”.