Julian Assange per adesso non intende lasciare l’ambasciata dell’Ecuador a Londra, dove vive in esilio dal 2012. Wikileaks e l’avvocato Barry Pollock, uno dei legali che assiste il suo fondatore, hanno fatto intendere che non si fidano delle presunte “garanzie sufficienti”, asserite da Quito, che la Gran Bretagna avrebbe offerto – ma da Londra non c’è alcuna conferma – di non estradarlo in Paesi dove rischierebbe la pena di morte.
L’offerta, forse un velato “avviso di sfratto” da parte di Quito, deve essere infatti apparsa troppo fumosa e pregna di rischi, tanto da essere definita dall’avv. Pollock una “manovra diversiva” da parte del nuovo presidente ecuadoriano, Lenin Moreno. Quest’ultimo, a differenza del suo predecessore, Rafael Correa, potrebbe essere più docile alle pressioni degli Stati Uniti, che da 8 anni vorrebbero la testa dell’attivista australiano per le decine di migliaia di e-mail segrete imbarazzanti hackerate da Wikileaks e messe online nel 2010.