La Procura di Arezzo ha chiesto l’archiviazione per Fredy Pacini. “E’ legittima difesa putativa”: è questa la conclusione cui è pervenuto il pm Andrea Claudiani al termine delle indagini sulla morte del moldavo Vitalie Mircea, 29 anni, il ladro ucciso il 28 novembre 2018, dopo che era entrato per rubare nel capannone del gommista di Monte San Savino (Ar). Non c’è stato bisogno di ricorrere alla nuova legge sulla legittima difesa: il magistrato ha applicato la scriminante ispirandosi al vecchio articolo del codice penale. In sostanza, il pm ha ritenuto che pur in assenza di una reale aggressione alla persona, Pacini abbia agito in modo non perseguibile penalmente, per tutelare la sua incolumità. Secondo il pm, Fredy Pacini riteneva di essere in una situazione di effettivo pericolo, tale da affrontare anche con gli spari. Adesso dovrà essere il gip del Tribunale ad accogliere o meno la tesi del pubblico ministero. Lo scorso 9 maggio, Pacini, accompagnato dall’avvocato difensore Alessandra Cheli, è stato ascoltato dal pm Claudiani nell’interrogatorio che ha chiuso le indagini. Determinante per la richiesta di archiviazione anche la perizia balistica con il manichino per ricostruire l’accaduto. Nel primo interrogatorio davanti al pm, subito dopo i fatti, Pacini si era avvalso della facoltà di non rispondere anche perchè gli inquirenti avevano riscontrato un’incongruenza tra quanto aveva raccontato il gommista ai carabinieri, cioè che aveva sparato dall’alto verso il basso, dal soppalco del magazzino verso il piano terra in cui era penetrato il moldavo, e quanto stabilito invece dall’autopsia, secondo cui il proiettile era penetrato nella coscia dell’intruso dal basso verso l’alto. Adesso che la perizia balistica, svolta dal consulente tecnico d’ufficio Paride Minervini, l’esperto incaricato dal pm Claudiani, ha confermato di fatto la versione di Pacini, dimostrando che quel colpo fu sparato dall’alto, ma raggiunse il giovane mentre si trovava a terra, per essere scivolato sui vetri infranti della porta d’ingresso che era stata forzata, quindi con le gambe verso l’alto, e che dimostrerebbe che la reazione sarebbe compatibile con la legittima difesa, l’artigiano ha chiesto di essere ascoltato per fornire nel dettaglio la sua versione dei fatti. Secondo la ricostruzione dell’accaduto, avvalorata anche dalla perizia balistica, la notte del 28 novembre Pacini si trovava a dormire in ditta, in via della Costituzione, nella zona industriale di Monte San Savino, cosa che accadeva da tempo perché, esasperato dai furti che negli anni aveva subito, riteneva così di poter difendere la sua proprietà, tenendo a porta di mano una pistola Glock. Poco dopo le 3 venne svegliato di soprassalto dal rumore dei vetri di una finestra del capannone che venivano infranti con una mazza. Dal soppalco del magazzino, dove si trovava la stanza in cui dormiva, stringendo in pugno la sua pistola, intravide due persone che erano entrate nel capannone e sparò cinque colpi verso il basso: tre finirono contro il portone dell’officina, uno raggiunse il moldavo a un ginocchio e un altro lo colpì alla coscia, recidendogli l’arteria femorale e causandogli lo choc emorragico che ne determinò la morte.