Circa un terzo dei rifiuti in plastica rinvenuti sulle spiagge europee è rappresentato da attrezzi provenienti da attività di pesca e acquacoltura, persi o abbandonati: oltre 11mila tonnellate ogni anno recuperate soltanto lungo le coste. E in Italia non va meglio: negli ultimi sei anni Legambiente ha monitorato nel corso dell’indagine Beach Litter oltre 10mila retine per la coltivazione dei mitili, una media di 31 pezzi ogni 100 metri di arenile, con punte di presenza in alcune spiagge di oltre il 70% dei rifiuti complessivi. Numeri, dati e analisi che sono stati al centro del convegno Marine Litter e Blue Economy, impatti e soluzioni dal mondo della pesca e dell’acquacoltura che si è svolto questa mattina nell’ambito della 23a edizione di Ecomondo, in corso alla Fiera di Rimini. Un momento di discussione, con l’obiettivo di fare il punto della situazione e confrontarsi sulle proposte e sulle politiche da attuare, organizzato da Legambiente e promosso dal Comitato Tecnico Scientifico Ecomondo con Associazione Mediterranea Acquacoltori, Bluemed, Corepla, Enea, Ippr e Clean Sea Life.Quello presente sui nostri litorali è solo la punta dell’iceberg di un fenomeno ben più ampio, come testimoniano anche i numeri dei diversi progetti sperimentali di Fishing for Litter realizzati negli ultimi anni. “Auspichiamo una rapida approvazione anche in Senato del disegno di legge ‘SalvaMare’ – dichiara Stefano Ciafani, presidente di Legambiente – Si tratta sicuramente di un primo tassello importante, ma che da solo non basta per contrastare l’inquinamento dai rifiuti che colpisce pesantemente il mare, una sfida mondiale a cui l’Italia sta dando il proprio contributo anticipando spesso gli altri Paesi europei. Ad oggi, ad esempio, non c’è ancora nessun controllo o regolamentazione della gestione a fine vita delle calze da mitilicoltura e mancano molto spesso i siti di stoccaggio nei porti oltre a procedure ben definite di riciclo”. “L’Italia ha un’occasione unica per dare un contributo concreto allo sviluppo della blue economy, un modello di business sostenibile capace di generare un impatto positivo e di lungo termine soprattutto sulla salute dei nostri oceani e sullo stesso impatto economico del settore. La stessa direttiva europea sul monouso prevede la responsabilità estesa dei produttori degli attrezzi da pesca che ci auguriamo venga applicata anche in Italia, oltre a controlli accurati sul rientro a terra delle retine usate per evitarne l’abbandono in mare”.