Entro 30 anni il ghiacciaio della Marmolada non ci sarà più. In soli 10 anni, la montagna iconica delle Dolomiti ha ridotto il suo volume del 30%, mentre la diminuzione areale è stata del 22% e se il tasso di riduzione continuerà in questo modo, nel giro dei prossimi 25-30 anni il ghiacciaio sarà praticamente scomparso, lasciando il posto solo a piccole placche di ghiaccio e nevato. “Il ghiaccio, quindi, non esisterà più. E se, come da scenari climatici, la temperatura nei prossimi decenni dovesse aumentare a ritmo più accelerato, questa previsione potrebbe essere addirittura sottostimata e la scomparsa del ghiacciaio potrebbe avvenire anche più rapidamente”, spiega Renato Colucci del Cnr-Ismar, istituto che ha partecipato allo studio insieme con un team di ricercatori delle Università di Genova e Trieste, dell’Università gallese di Aberystwyth e dall’Arpa Veneto. Lo studio ha messo a confronto due rilievi geofisici sul ghiacciaio effettuati nel 2004 e nel 2015. La ricerca “Recent evolution of Marmolada glacier (Dolomites, Italy) by means of ground and airborne GPR surveys” è pubblicato su Remote Sensing of the Environment. “Il primo rilievo – spiega Colucci – è stato acquisito usando un ‘ground penetrating radar’ (Gpr) terrestre, una tecnologia non invasiva utilizzata in geofisica, basata sul segnale elettromagnetico riflesso e trasmesso dal terreno a seconda delle caratteristiche, creando sezioni dettagliate. Il secondo, invece, usando dati raccolti in volo con Gpr da elicottero. In questo modo è stato possibile ricostruire due modelli 3D del ghiacciaio che hanno permesso di misurare con precisione non solo le caratteristiche interne e morfologiche, ma anche l’evoluzione recente nel corso del decennio, quantificato in termini volumetrici”. Il ghiacciaio, un tempo massa glaciale unica, è ora frammentato e suddiviso in varie unità, dove in diversi punti affiorano masse rocciose sottostanti. I terreni carsici, come la Marmolada, sono irregolari e costituiti da dossi e rilievi. Se il ghiaccio fonde gradualmente, le aree in rilievo affiorano, diventando fonti di calore interne al ghiacciaio stesso. “Questo aspetto, unito al cambio di albedo (la neve e il ghiaccio sono bianchi e riflettono molta radiazione solare, mentre la roccia, più scura, ne riflette di meno) – aggiunge Colucci – sta ulteriormente minando la ‘salute’ della Marmolada accelerandone la già forte e rapida fusione”.