venerdì, Dicembre 27, 2024

Crac della Banca Popolare di Bari, parla Luigi Marattin (Italia Viva): “L’intervento sia temporaneo

“Rilancio”, come vorrebbe il M5S, o piuttosto “salvataggio”? Sembrerebbe una semplice questione lessicale, ma per Luigi Marattin, deputato renziano di Italia viva, la partita che si gioca introno alla Banca Popolare di Bari non è affatto questione “di forma ma di sostanza”. E lo dice in un’intervista a Il Foglio nella quale dichiara che “Non c’è alcun bisogno di mascherare un’operazione chiarissima, ovvero l’ingresso pubblico nel capitale di una banca in crisi, con slogan accattivanti concepiti dagli esperti di comunicazione, come la ‘banca pubblica degli investimenti’”. Marattin poi spiega che “noi vogliamo che l’intervento pubblico sia temporaneo, sulla base di un solido piano industriale, e con l’obiettivo di restituire poi la banca al mercato” e, possibilmente, “con un management più efficiente di quello che l’ha portata al disastro”, precisa il deputato targato Iv. Insomma, la componente renziana vuole che “i soldi pubblici entrino solo a condizione che la Popolare di Bari diventi spa, come del resto la riforma Renzi del 2015 la obbliga a fare” in modo che, quando lo Stato uscirà, “si siano rimosse alcune cause strutturali della mala gestio”. Marattin spiega anche che quella riforma del 2015 fu fatta per rimuovere la causa principale dei crac bancari: ovvero, “una governance opaca, poco contendibile e con vertici inamovibili che caratterizzava le banche popolari di dimensioni maggiori”, aggiunge il deputato. “Un sistema – spiega – che contribuì a generare più di 20 miliardi di perdite di esercizio nel periodo 2011-2016”. Cosicché, delle dieci banche coinvolte dalla riforma, “otto hanno completato con successo la trasformazione, portando in alcuni casi alla nascita di grandi gruppi competitivi, come il Banco Bpm. Invece Bari, insieme a Sondrio, si è opposta facendo persino ricorso alla Consulta, che tuttavia le ha dato torto nel marzo 2018”. Secondo Marattin “è forte il sospetto che fossero troppo affezionati al vecchio modello di governance, in cui era possibile passare la direzione della banca da padre in figlio indipendentemente dai risultati raggiunti”. Per questo finora a Bari sarebbero riusciti ad aggirare quella legge. Quanto alle finalità della banca in sé, prosegue ancora Marattin, “la Popolare di Bari è una banca retail: raccoglie depositi e li presta”, quindi il deputato si chiede: “Qualcuno sa spiegarmi cosa c’entra la banca d’investimento, che è una fattispecie completamente diversa? E in secondo luogo, banca di investimento per fare cosa? In cosa lo stato sarebbe più efficiente nel fare banca? Forse nel regalare soldi in giro a clientele varie? Insomma, ho l’impressione che anche qui stiamo parlando solo di slogan orecchiabili, completamente separati dalla realtà dei fatti”. Marattin sostiene inoltre di rifiutare sia la logica che vuole che “lo Stato sia sempre per forza meglio del mercato, sia quella opposta. Dipende dai contesti, dal settore, dalla durata dell’intervento”, precisa, ma su quest‘aspetto del problema vede “molta ideologia e anche molta confusione. Infine, un ultima battuta. Su Lanutti alla presidente della commissione d’inchiesta sulla banche Marattin dice che che “assolutamente invotabile”, e non solo “perché è a digiuno di ogni tipo di competenza su banche e economia, ma perché ritengo offensivo anche solo pensare che si possa eleggere in un ruolo così delicato una persona che ha esposto, e mai ritrattato, teorie antisemite”. Quanto alla commissione d’inchiesta, Marattin dice invece che è un’opportunità “di guardarsi allo specchio come paese e capire. Cosa è successo dal momento (tardivo) in cui si decise che le banche non dovevano essere più enti di diritto pubblico” e “che ruolo abbiano avuto sia la politica che le autorità di vigilanza in questo processo”. “Se la commissione fa questo è utile”, chiosa Mararttin.
Redazione
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