Restaurata nella Chiesa di San Francesco a Ripa nella capitale, la Cappella della Beata Ludovica Albertoni di Gian Lorenzo Bernini grazie ad un intervento, della durata di sei mesi, promosso dalla Soprintendenza Speciale di Roma con un investimento di 39mila euro. Completata nel 1674, si tratta del capolavoro dell’ultimo Bernini (all’epoca aveva 76 anni), che ‘crea’ una soluzione architettonica degna di un grande scenografo con la luce che giunge da due finestre laterali e che cambia con il trascorrere delle ore, inserendo, inoltre una pala d’altare commissionata a Giovan Battista Gaulli, il Baciccio, e sullo sfondo una sontuosa decorazione dorata da cui si levano 10 putti bianchi. Beatificata nel 1761, Ludovica Albertoni (1473-1533), religiosissima sin dalla giovinezza, ha dedicato la sua esistenza alla cura dei poveri e degli indigenti, diventando alla morte del marito e dopo la nascita di 4 figli, terziaria francescana proprio a San Francesco a Ripa. Il 31 gennaio si festeggia la sua ricorrenza. L’ultimo intervento era stato fatto circa 20 anni fa. Il restauro di Elisabetta Zatti (accanto, Carlo Festa, restauratore Soprintendenza Speciale di Roma e Aldo Mastroianni, storico dell’arte Soprintendenza Speciale di Roma, responsabile del restauro) ha interessato diverse tipologie decorative, oltre alla statua in marmo della Beata, lo sfondo in oro con rilievi, gli angeli in stucco bianco, il drappo in alabastro con frange in bronzo dorato. In particolare per la statua della Beata Ludovica è stato utilizzato un unico blocco di marmo di Carrara. La sua pulitura ha messo in luce la tecnica scultorea di Bernini. “Il restauro ha messo in evidenza la modalità operativa di Gian Lorenzo Bernini – ha raccontato Daniela Porro, soprintendente speciale di Roma- Il grande scultore levigava al massimo le parti di marmo più in evidenza e non lavorando le parti non visibili. Abbiamo operato non solo per la tutela e la conservazione di un’opera straordinaria, ma anche per la sua fruizione e valorizzazione”. “Sembra che per quest’opera, che trae origine da ‘Santa Teresa d’Avila’ in Santa Maria della Vittoria – ha proseguito Daniela Porro – il Bernini non avesse chiesto nessun compenso. Pare volesse ingraziarsi il pontefice di allora, Clemente X, a favore del fratello che si trovava in esilio. Una volta realizzato questo monumento, tra l’altro in pochissimo tempo, il fratello rientrò a Roma”.